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La strada delle streghe.
di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

11 luglio 2008






La sera è profonda, la notte d'estate imminente.


 

Pensieri degli anni difficili - 83

Un paesaggio lunare sicuramente estivo, le sfumature lo suggeriscono, ricorda un sogno finalmente realizzato, ma non dopo una lunga corsa. Lentamente scopre, gustando il piacere di lasciarsi andare, abbandonata nel silenzio della notte, su di lei veglia la grandiosità della natura. Accanto, posato con dolcezza, nel senso di donare con il cuore, il fiore più gradito, non si intravede il colore ma lo si immagina. È lo splendore che tutti vorrebbero dormire. Le braccia sistemate in libertà con il resto del corpo, una mano accarezza e sfiora i capelli.

Una strada stretta di ciottoli da evitare colora la mia serata, preludio ad una estate frenetica di corse ed emozioni da catturare.

A volte provo un senso di stanchezza quando la mia mente comincia a vagare, a raggiungere mete e momenti da assaporare, non perché manchi di entusiasmo, al contrario tanti sono i progetti, anzi direi troppi e un po’ mi spaventa, perché so con certezza che quando parto e ingrano la marcia giusta, difficilmente riesco a fermarmi. Ogni anno mi dico e mi parlo con severità, prometto a me stessa un istante di rilassatezza e tranquillità ma..., come sempre mi ritrovo nei luoghi più impensati, fra la gente e le allegrie e con una grande voglia di condividere.

Forse questa è l’essenza della vitalità, legata ad una energia difficilmente dissipabile che alimenta il viaggio della mia vita.

Cade il silenzio, come una pausa dopo mille parole, si gusta la musica di sottofondo che si ascolta solo con il senso giusto. L’emozione un po’ imbarazza, si vorrebbe non trasmettere quest’onda di piacere, frammista al desiderio che il tutto si spenga nel minor tempo possibile. È una delle tante contraddizioni che distinguono e rendono le cose, non complicate, ma sicuramente molto più umane. E allora non mi pento, anzi al contrario libero le mie perplessità e godo del momento.

La sera è profonda, la notte d’estate imminente. I rami che incorniciano questo paesaggio collinare lasciano filtrare la luce delle stelle, un po’ oscurata dall’intensità del chiarore della luna. Ascolto, nella pace di me stessa, i suoni che vivono in questo posto strano, un luogo che ricorda le cornici delle fiabe un po’ intrecciate. Guido all’erta, come se aspettassi da un momento all’altro che compaia un folletto, una civetta, un qualsiasi essere che mi ricordi esattamente.

Conduco immaginando, tornando indietro con il tempo. Ma non di tanto poi, quel che basta per vivere e rivivere, tenendo stretto assaporando fino in fondo.

Un senso di tristezza mi pervade. È come doversi mantenere a galla senza aver la possibilità di usare anche le braccia, si riesce a respirare ma con qualcosa che dal basso ti trascina verso il fondo. È però così che si impara ad apprezzare.

Un sogno mi riporta nel passato. Ripenso a quanto è stato e vedo finalmente le cose come stanno, senza che il mio sentire possa inquinare quel che c’è di vero. Un segno di dolcezza, che nell’abitudine dei giorni è passato inosservato, scuote dal torpore che un po’ mi ha irrigidito.

Rifletto su quanto difficile sia guardare dentro gli occhi della gente e istantaneamente mi accorgo di aver cercato solo il mio sguardo in tutto questo tempo. Vorrei rapidamente recuperare liberando con l’aiuto dei sensi tutti i sentimenti che fanno parte di me stessa, che ho tenuto stretti e ingabbiati, per poter finalmente donare e spalancare.

Ma, le paure ciclicamente tornano...

Cerco fra le pagine che ho scritto e conservato il momento che ha segnato il cambiamento, la voglia di girarsi a guardare non più con amarezza né rimpianto, ma con serenità per l’aver finalmente appreso e forse perdonato.

A volte si è sicuri di aver afferrato e trattenuto la giusta sintonia, finchè non ci si ferma e non si ricorda più qual è il colore quello vero. Nasce allora la consapevolezza che forse non si è mai cercato abbastanza, è molto più semplice restare in superficie senza mettersi troppo in gioco, si rischia poco su stessi e si finisce per preservare.

Ma chissà poi che!

Mi ritrovo nuovamente a condurre in quella strada un po’ stregata, nel buio della notte più profonda, creo il silenzio intorno a me, per meglio ascoltare i richiami della natura.

Tutto diventa chiaro. Difendo la precarietà dell’equilibrio e penso che spesso il tormento nei pensieri è la strada. Ognuno di noi ha il suo sentiero da seguire, fatto di sassi e buche che si frappongono diventando grandi ostacoli, ma il gusto forse sta tutto là, nell’intravedere in un paesaggio un po’ da brivido il piacere nel profumo di una notte. Può essere che duri solo un istante, ma il tempo di fronte all’intensità del momento non ha alcuna importanza.

Fernanda

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