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La forma del triangolo.
di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

29 ottobre 2010






Dove si vuole arrivare?


 

Pensieri degli anni difficili.

 

La verità. Sarà poi vero che la conoscenza offre il sollievo dai tormenti della vita?

È un po’ di tempo che rifletto sul contorno delle cose, sulla relatività di quello che appare quando osserviamo e diamo forme.

Molto spesso, purtroppo, siamo abituati a vedere solo quello che dallo stimolo visivo percepito ai nostri occhi si traduce in un segnale attivato e poi inviato a quelle zone del cervello deputate alla sua trasduzione. E ciò che appare avanti a noi, con o senza occhiali, difficilmente saremo disponibili a metterlo in discussione.

Mi soffermo con lo sguardo sulla rigida geometria costituita da tre linee congiunte in tre punti a circoscrivere uno spazio che assume una forma triangolare. Il significato che le si vuole attribuire ha a che fare con una caratteristica importante che entra a far parte della costituzione della persona, imprescindibile dal suo livello di attività, sia fisico che mentale, e quindi sicuramente non scelta a caso, ma con un criterio ben stabilito. Uno dei tre vertici porta la capacità di legarsi.

La prima e immediata domanda che mi viene da fare è: ma i tre lati sono uguali di lunghezza? Cosa determina la capacità di donare un legame a favore di uno dei tre? Cosa lo rende più importante tanto da avere la facoltà, negata agli altri due, di trasportare su se stesso un’altra carica?

Discorso molto contorto. Vediamo di semplificarlo, perché in realtà il triangolo e i suoi lati rappresentano solo un pretesto per vedere... un’altra cosa.

Per tanto tempo abbiamo concentrato la nostra attenzione sul significato e non sul simbolo in quanto tale. Ma siamo proprio sicuri che la nostra prospettiva è quella giusta? O meglio che l’approccio al modo di studiare la forma è quello più corretto?

Il metodo di studio. Una volta trovato, il fiume della conoscenza non mostra più momenti di aridità. Ognuno costruisce il suo secondo le proprie personali esigenze, rapportate anche alle difficoltà incontrate e, una volta fatto unico, lo si usa per i mille modi svariati che la bellezza del sapere garantisce. Ma..., il rovescio della medaglia che non sempre può piacere: e se stessimo angolando la nostra percezione troppo o poco, non finiremmo forse per modellare la realtà della geometria, che rimane incontestabile, con le nostre personali e piccole esigenze?

Dove si vuole arrivare? Manca poco.

Sfogliando con curiosità ed interesse, improvvisamente i miei sospetti trovano fondatezza: un triangolo tirato, allungato verso un vertice ad assumere una curiosa sagoma che lo rende un po’ ribelle, quasi a scostarsi dalla norma, dalla regola stabilita da una formula che lo circoscrive, permettendo, a chiunque ne abbia facoltà, di percorrerlo, di limitarlo ad un numero avvilente che tende a sminuirlo. E non manca occasione per ricordargli che si tratta pur sempre e solo di una semplice e fredda figura geometrica.

Sorrido e... chiedo scusa.

Mi sembra di essere ritornata ai vecchi tempi, quando mettere insieme due parole per esprimere un concetto, diventava un’ardua impresa, un giro contorto forse inconsapevolmente per confondere o nascondersi.

Perché sono così attratta dalla forma del triangolo? Che importanza può avere la lunghezza di ogni lato, chi dei tre lega un pensiero lucido e razionale oppure un istante con affettività?

Vorrei poter collegare la forma al contenuto, vorrei poter vedere "oltre" elevando il mio pensiero, vorrei allontanarmi e trovare una soluzione in semplicità, magari osservando le cose dall’alto, mettendo sempre il dubbio a quello che appare essere ma non sempre è.

Un invito a girare tutto intorno, soffermandosi si sulla lunghezza a saper ben riconoscere l’isoscele, l’equilatero, lo scaleno, ma mettendo la flessibilità in quello che si vede, pronti a sostituire la rigidità con la sinuosità della forma.

E così da una parola associata ad una geometria viene fuori una riflessione spigolosa, fatta non per provocare, al contrario stimolare a guardare un po’ più in là. Oltre. Allungando lo sguardo senza costringerlo, cogliendo quanto più è possibile liberandosi dagli schemi e acquistando morbidezza.

 

Fernanda

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