...che
hai, addirittura, defenestrato da Capo della Ferrari, senza
(apparente) riconoscenza per il fatto che, da Presidente della FIAT
(nei tragici momenti del 2004) all’indomani della morte di Gianni e
Umberto Agnelli (scomparso anche il rampollo “Giovannino”)
ti ha voluto (con il benestare di Gianluigi Gabetti
e Franzo Grande Stevens)
come comandante in campo (Amministratore Delegato) di ciò che
restava di un grande Impero.
Per
la correttezza che debbo alla mia persona e vista la professione che
svolgo, non ho potuto esimermi dal capire i motivi di questa sorta di
mio “controtransfert” nei tuoi confronti, pur
riconoscendo ad entrambi (te e me) la comune appartenenza ad un mondo
di prevalente Solitudine e all’importanza che abbiamo dato al modello
di studio “matto e disperatissimo” come unica via per
riuscire a centrare obiettivi importanti.
Mi
piacerebbe molto che fossi qui...
Potremmo
confrontarci sul reciproco concetto di Patria, che tu conosci bene in
quanto figlio di un maresciallo maggiore dei carabinieri, nonché
segretario (dal 1985 al 1982) dell’Associazione dei Carabinieri a
Woodridge (in Canada) che porta il nome di tuo padre Concezio
(emigrato, con voi, per offrirvi
un futuro migliore) e
con una madre orfana per via di
quella vergogna chiamata “Foibe”.
Si,
perchè, quando sento chi ti acclama come salvatore di un
“bene” Nazionale (la Fiat, appunto), io vorrei rispondere
che, in realtà, hai preso un piccolo reduce tricolore morente
(la Fabbrica Italiana Automobili Torino)
e lo hai proiettato in un Universo globale che ha sede legale in
Olanda, domicilio fiscale in Gran Bretagna, è controllata dal
Gruppo Exor (cassafote degli Agnelli), si chiama FCA (Fiat
– Chrysler Automobili), ha
due filiali (una in Italia e una negli Stati Uniti), ha “sganciato”
(per questioni di “cassa”) la Ferrari e non prevede
grandi prospettive né per le automobili marchiate Fiat né
per quelle “targate” Chrysler (a favore, invece, di
Marchi Globali come Jeep, Ram, Maserati e Alfa Romeo).
Insomma,
un’idea di Patria molto diversa da quella che, a scuola, mi hanno
spiegato essere derivante, etimologicamente, dal concetto di “Terra
dei Padri”...
Eppure,
sono convinto che, entrambi, concluderemmo che un “Luogo
Sovrano”, viene connotato da un ambito territoriale,
tradizionale e culturale, cui si riferiscono le esperienze affettive,
morali, politiche di ciascuno in quanto appartenente a un Popolo.
E
la mente va ai tanti martiri dell’Unità Nazionale, ai moti
risorgimentali, alla Repubblica Napoletana, ad Armando
Diaz,
alla divisione
Acqui
massacrata dai nazisti a Cefalonia all’indomani dell’armistizio del
1943...
Non
volermene Sergio
Ma
ti ho paragonato, a lungo, a
un "bean
counters" (“contatore
di fagioli” che si limita a far tornare i conti, senza passione
alcuna per il proprio lavoro) piuttosto che ad un "car
guys"
(che ama il prodotto che crea). Sono arrivato, addirittura a
sovrapporre la tua immagine a quella del Re (a mio giudizio,
“vigliacco”) Vittorio
Emanuele Terzo,
gracile nel fisico, debole nel carattere con due macchie indelebili
nella sua carriera (l’aver sempre assecondato il volere di
Mussolini e l’aver lasciato il Paese allo sbando dopo l’8
settembre 1943). Per quel che ti riguarda, sei apparso un Tycoon
“drogato di Capitale” e incline a fonderti (senza morale
ma con un’idea affine al meretricio) col migliore offerente.
E,
forse, mi sbagliavo...
Sì,
perchè, da buon Filosofo (ma, anche da avvocato ed Economista)
avevi fatto tuo il pensiero di Euripide, in base al quale “così
come tutto l’aere è
attraversabile per l’Aquila, tutta la Terra è Patria per
l’uomo nobile.
Personalmente
sono stato un buon analista degli eventi storico – politico -
sociali che hanno “fatto” l’Italia e ho partecipato ai
moti rivoluzionari studenteschi degli anni ’70 ma temo di essermi
“distratto” un po’ da quando, negli anni ’90, mi sono
approfondito nei meandri dell’inconscio individuale inteso come
costola di quel grande Inconscio collettivo che, su basi di Leggi di
Natura, ci ha portato ad essere l’evoluzione di quello che è
accaduto dal Big Bang ad oggi.
Dunque,
facciamo un po’ di conti...
La
Fiat nel 1984 con la UNO (che, personalmente, ho guidato, senza
problemi, per oltre 445.000 km) si ritrovava un prodotto tra i più
venduti dell’auto europea. Al punto che, grazie a lei, Torino poteva
competere con Wolfsburg, sede dalla Volkswagen, per il primato
continentale. Già da tempo la Olivetti del Grande Adriano
aveva l’M24, il pc più venduto al mondoe, ciliegina sulla
torta, i grandi sarti Italiani (da Giorgio Armani a Valentino,
passando per Gianni Versace), aprivano le loro boutique nelle città
internazionali più prestigiose e, il made in Italy incideva
sui consumi e sull’idea di bellezza...
Caro
Sergio...
Forse,
“quel” 1984 segna il punto di arrivo di una
industrializzazione partita quasi 100 anni prima, evolutasi come
modello di “successo democratico” negli anni ’50 (in cui
fioriscono le “fabrichette”del nord est capaci di rendere
forti imprenditori, degli artigiani volenterosi), sopravvissuta al
piombo degli anni ’70 (epoca del modello “Fordista” della
sottomissione dell’uomo alla fabbrica) ma che inizia a Scricchiolare
senza che, i più, se ne rendano conto.
Da
“addetto ai lavori”, avrai ascoltato (con non poca
apprensione) la celebre l’affermazione di Gianni Agnelli agli
azionisti (e siamo ai primi anni ’90): “La festa è
finita!”
Credo
che nell’immaginario collettivo dell’Italia di quei tempi, la figura
dei Savoia del dopo 1860/1870 sia stata incarnata dagli Agnelli; con
molte similitudini (in chiaro scuro) perchè, se da una parte
(con gli stabilimenti di Mirafiori) si è offerta opportunità
di lavoro alla gente del Sud (così come, nel secolo
precedente, gli si era stata data una Unità Nazionale con
Garibaldi), da un’altra parte, si è impoverito ancora di più
un comparto geografico già punito e ridimensionato (nella sua
ricchezza culturale, economica e industriale del Regno delle due
Sicilie) dal rigore ottuso dei “Piemontesi”
Risorgimentali.
L’intera
Finanza italiana, sotto la “protezione” e la “direzione”
di Enrico Cuccio e della sua Mediobanca ha vivacchiato con la
complicità della Democrazia Cristiana e (in parte) del Partito
Comunista dell’epoca.
Ma
perchè è cambiato Tutto? E soprattutto, da cosa nasce
il Mondo Globalizzato?
Per
quanto strano possa sembrare, tutto è cominciato dopo che il 9
novembre del 1989 i berlinesi accorsero armati di piccone per
demolire una volta per tutte l’odiato muro, il cui crollo fu
universalmente interpretato come un segno del fatto che la divisione
in due blocchi dell’Europa stava definitivamente finendo.
Si,
perchè, fino ad allora l’Europa (ma, di fatto, l’intero globo
terracqueo, sul piano Politico) era divisa in due blocchi
contrapposti con, al centro, l’ITALIA a fare da cerniera fra America
e Unione Sovietica e a rappresentare una propaggine nel Mediterraneo
(con “basi” politico economiche in Tunisia e Libia) con
buoni rapporti verso Israele e legami ancora migliori con i
Palestinesi di Yasser Arafat.
Una
potenza, resa tale dai soldi (e dalla convenienza ricavata) delle due
superpotenze
E
così, la nostra Politica della Prima Repubblica ha tratto
vantaggi enormi passando dalla stanzialita della Democrazia Cristiana
e dal “molossismo” comunista verso la supremazia di
Milano con il ridimensionamento di Torino e dei vecchi “salotti
buoni”, con i Socialisti di Bettino Craxi prima (i quali, più
degli altri, hanno confuso i bilanci del partito con le rendite
personali) e con Silvio Berlusconi (che ha fuso definitivamente
politica, economia, aziende e Televisione commerciale di Basso
profilo) all’alba della Seconda Repubblica.
Nel
mentre, il MONDO liberatosi dai ferrei confini della gelida “Cortina
di ferro” del blocco Sovietico cambiava a ritmi vertiginosi
consegnando sempre più la Politica (intesa come la Scienza
e la Tecnica, che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione,
l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica) al
potere economico.
Un
uomo che ha figli, dona ostaggi alla fortuna (Paul Getty Senior)
Caro
Sergio, una
mente raffinata come la tua, non potrà convenire con me che,
il modo di pensare di chi vuole soldi non come mezzo (per ottenere
dell’altro...) ma, semmai, come finalità compulsiva atta a
produrre altro danaro a scapito del bene collettivo, ha trattato la
finanza in maniera diversa da quello che intendeva, di base,
l’economia (ossia, l’organizzazione dell’utilizzo di risorse al fine
di soddisfare, al meglio, i bisogni individuali e collettivi).
Quando
si diventa ricchi, si scoprono opportunità e si aprono le
porte dell’abisso che inghiotte ogni cosa
(Paul
Getty Senior)
A
queste condizioni, un po’ alla volta, sfruttando la possibilità
di un Mercato Globalizzato su cui non tramonta mai il sole, la
Dittatura perfetta (con sembianze di democrazia) ha creato un sistema
dove, grazie ai consumi e al divertimento (sulla scorta del “Panem
et circenses”
di antica memoria) gli schiavi amano la loro prigione senza
(apparenti) mura al punto tale da non pensare assolutamente di
fuggire, in quanto completamente dipendenti da essa...
E,
nel 2004 (quando il futuro era già dell’Information
Technology
e delle start
up
agguerrite) sei arrivato tu al capezzale di una struttura non più
rispettata, semismantellata, senza un modello di automobile in grado
di competere con la concorrenza (che, nel frattempo aveva visto
l’invasione della case asiatiche sempre più attente ai gusti
occidentali, a prezzi molto concorrenziali) e capace di perdere
milioni di Euro, ogni giorno.
Dicono
che sia addirittura riuscito a sostituire, (quasi) ogni componente
della tribù improduttiva degli Agnelli (tranne l’operoso e
volenteroso John
Elkan che
hai voluto alla Presidenza della nuova FCA).
Alla
luce di ciò, mi sembra che tu sia andato oltre l’opera di chi
ha sostituito il Generale Cadorna
dopo la sconfitta di Caporetto, mostrandoti capace di inglobare la
terza casa automobilistica americana (la Chrysler)
per realizzare un soggetto unico a dimensioni planetarie perchè,
nel frattempo, Patria è divenuto quel posto ubiquitario in cui
(per dirla alla Stendhal) incontriamo tante persone che ci
somigliano.
Forse,
è anche per questo che hai incarnato il tuo essere
“personaggio” attraverso un anonimo maglioncino scuro
(anche se di ottima fattura e con un po’ di narcisimo).
Se
è vero che “i destini individuali e la quotidianità
delle famiglie sono piccoli alberi nella foresta della Storia (Paolo
Bricco - “Marchionne: lo straniero” – Rizzoli
2018),
dicono di te che (pur avendolo nascosto all’interno di una Privacy
blindatissima) i tuo sacri Lari siano stati il Rigore della figura
del Carabiniere, il calore e la Forza della Famiglia e l’Importanza
dello Studio: quindi, non sbaglierei di molto se dicessi che hai
portato, nel tuo cuore, l’idea di quella Patria lasciata a tredici
anni e ritrovata dapprima negli Italo Canadesi e, poi, ovunque ci
fosse un interlocutore col quale parlare in maniera “dura ma
giusta”.
E
accanto alle sofferenze patite da chi non ha retto i tuoi ritmi (e
che ti hanno reso particolarmente inviso) trovo un ragazzo che,
durante un dibattito pubblico con Ferruccio
de Bortoli (allora
direttore de “Il Sole 24 Ore”) dice: “Se
non fossi diventato un Manager, mi sarebbe piaciuto studiare Fisica,
giusto per capire le traiettorie e movimenti della pioggia; perchè,
fin da bambino, mi ha affascinato la pioggia che cade”.
E,
alla fine, anche per te è giunto il momento di “andare”.
Ad
un amico che mi ha scritto: “Tutto
può finire in un attimo. Ma non hanno aspettato neanche il
decesso. Ha perso i diritti civili e se ne sono sbarazzati”, io
ho risposto: “Penso
che abbia rappresentato l’emblema del nuovo modo di essere Sistema e,
cioè, un organismo fagocitante con l’unico obbiettivo di
autoalimentarsi (al riparo da evoluzioni utili), capace di sostituire
ogni pezzo. Senza rimpianto o emozione. Con l’intento del profitto.
In questo, i suoi discepoli lo hanno superato, sostituendolo senza
rispetto alcuno”.
Caro
Sergio,
come qualunque grande realizzatore, ci sono state diverse decisioni
per le quali sei stato aspramente criticato e che ti hanno chiuso in
un mondo di austera, profonda anche se produttiva Solitudine...
La
tua vita non è stata affatto facile, fin da quando hai
lasciato i luoghi che amavi e hai perso, tragicamente, la tua
sorella minore; ora, io vorrei solo ricordarti che ho letto da
qualche parte (e ne sono convinto) che “Quando
un Uomo bussa alla dimora della solitudine, ad aprirgli la porta è
sempre Dio”.
Ciao
Sergio. E buon viaggio
Giorgio
Marchese –
Direttore La Strad@
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