Un
equilibrio difficile, il nostro. Come due placche convergenti, che
scatenano un terremoto. Un equilibrio delicato come un fiocco di neve
nel vento, come una foglia in autunno, come un castello di sabbia. Un
equilibrio retto da un sentimento vero come le cellule di cui siamo
fatti, che terrà insieme quel castello di sabbia, lo difenderà
dalle onde e dalla pioggia; farà rimanere la foglia
sull'albero; renderà eterno quel fiocco di neve. Un
equilibrio fragile, il nostro. Ma noi sapremo tenerlo in piedi.
(Mariarita Marchese). Cari
Lettori,
quante volte ci è capitato di domandarci:
“Ma
io, chi sono?”. Beh,
con evidente oggettività,
la risposta potrebbe “vederci” come il risultato di ciò
che incontriamo sul nostro cammino e, in sostanza, la somma di tutto
ciò che è accaduto prima di noi, che abbiamo visto fare
e che ci è stato fatto. “Chi
sono... io?” Posso
tranquillamente riflettermi (grazie, anche, ai “neuroni
specchio”) in ogni persona e in ogni cosa, il cui “essere”
al Mondo è stato condizionato dal “mio” Mondo e
dalla voglia di inserirmi, integrarmi ed essere incluso. E, quindi,
sono tutto quello che accadrà dopo che me ne sarò
andato e che, comunque, non sarebbe accaduto se io non fossi mai
stato presente. Ma la meraviglia riportata finora, non ci rende, in
alcun modo, particolari o, peggio, eccezionali; il bello di tutto ciò
è che ogni “IO” costituisce la base della moltitudine del Mondo che, in tal modo, finisce col diventare...
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...una
sorta di identità condivisa all’interno di una “teoria
del Tutto” in cui, ogni cosa... non è che la
manifestazione diversa di una stessa energia potenziale. Ed è
per questo che, forse, pur non sentendoci uguali, in un modo o
nell’altro andiamo tutti nello stesso posto: “solo
che, per arrivarci, prendiamo strade diverse”. Ma
qualcosa non quadra... Infatti,
alcuni di noi continuano a considerarsi migliori degli altri e, in
forza di ciò “lavorano” per determinarsi a
distruggere i sistemi cosiddetti “democratici” a favore
di orizzonti oligarchici che ci vede relegati, gradualmente ma
inesorabilmente, al ruolo di krill (organismi
invertebrati, alla base della piramide alimentare, negli Oceani).
“Ad
ogni
sistema fondato sulla forza, fa sempre seguito la decadenza, perché
la violenza attrae inevitabilmente. Il tempo ha dimostrato che a dei
tiranni illustri succedono sempre dei mascalzoni” (Albert
Einstein).
Cari
Lettori, forse ci vuole più
memoria e consapevolezza e più senso critico, per fare i conti
con un’ingiustizia che non risparmia gli innocenti. Peggio,
li relega tra gli ”eventi critici” accettabili. Succede
per ogni “buona” Ragion di Stato.
Noi
riteniamo si debba parlarne perchè non si tratta di tragedie
che possiamo lasciarci alle spalle: sono immagini impolverate, si, ma
che costringono a “riflettere” per non rimanere
nuovamente alla finestra ad osservare la vita che se ne va... senza
un’emozione che diventa compassione.
Con
la violenza puoi uccidere colui che odia, ma non uccidi l’odio.
La violenza aumenta l’odio e nient’altro. (Martin Luther
King).
Colpi
e deflagrazioni misteriose, bombe intelligenti (assai deficienti, in
realtà)... unica certezza: il sangue sparso tutt’intorno
(condanna delle condanne!). "Bisognerà
che penetriamo in profondità più fonde dei cieli, e che
diventiamo più vecchi dei primissimi angeli, prima di poter
sentire, sia pur nelle vibrazioni minime, l’immortale violenza
di quella duplice passione con la quale Dio ama e odia il mondo”
(Gilbert Chesterton)...
Quando
a terra, da ambo le parti, ci sono i corpi feriti e dilaniati di
donne, vecchi e bambini (in senso reale e figurato), ciò sta a
significare una violenza ottusa e conclusa.
Esistono
individui allevati a sviluppare solo il lato squilibrato di quel
triangolo sgangherato che rappresenta una vita resa utile solo negli
imperscrutabili disegni di chi ha voluto il Big Bang... e tutte le
sue conseguenze.
E
chiedimi perdono per come sono... perchè è così
che mi hai voluto tu! (F. de Gregori – Ti leggo nel Pensiero)
È
difficile cogliere quello che non sta al suo posto, quando tutto è
finito fuori da un’evidente ragione, al di là del tempo
e dello spazio.
L’essere
umano, a volte, proprio in “queste” volte, è un
male profondo, terribile, che attanaglia le viscere, imprigionando il
cuore con i legacci del dolore insensato.
Senza
bisogno di essere dei professionisti delle condotte guerrafondaie,
appare evidente lo sfacelo intellettuale e politico che attraversa la
“giustizia (o, gestione, che dir si voglia) dell’ingiustizia:
uno sgretolamento vero e proprio delle coscienze, come se non ci
fosse più rispetto per quel miracolo chiamato VITA.
“Gli
uomini più profondi hanno sempre provato compassione per
gli animali[...].
È certo una pena ben grave vivere così, come una
bestia, tra fame e cupidigia e senza giungere mai ad alcuna
consapevolezza di questa vita; né si potrebbe pensare sorte
più dura di quella della bestia da preda che è spinta
nel deserto da un tormento che la rode al massimo; di rado è
appagata, ma se lo è, lo è solo nel momento in cui
l’appagamento diventa pena, cioè nella lotta dilaniante
con altri animali o per l’avidità e la sazietà
più disgustose. …così succede a noi tutti per la
maggior parte della vita: in genere non usciamo dalla bestialità,
noi stessi siamo le bestie che sembrano soffrire senza senso”
(da Così parlò Zaratustra – Frederick Nietzsche).
A
Gaza, in Israele, come in Siria, in Libia (ma, anche nelle nostre
case, in seno alle nostre famiglie e nella mente di chi pensa di
difendere i confini nazionali come se il Mondo finisse fuori da casa
priopria), le bombe, le deportazioni di massa, i cingolati dell’odio
e la vendetta, hanno vessilli sgargianti a difesa, a protezione;
manifesti e slogan di potenza altisonante, negli spari alle spalle
degli innocenti, passi affrettati che squarciano i diritti e le
libertà di ciascuno.
In
questa logica del sangue e della sua imperdonabile vergogna, non può
esserci spazio per le semplici opinioni comuni: si corre il rischio
di essere tacciati di scombussolata partigianeria, di influenze
naziste, dentro attendibilità prive di responsabilità.
Le
storie di quei corpi disarticolati, infranti più del dolore
che ne deriva, confermano un adattamento mondiale al ricorso delle
armi, alle fosse comuni, a quella prassi consolidata dell’assioma
“1 proiettile = 1 bersaglio”!
“Sul
fiume, dopo aver bevuto l’acqua fresca che scorre fra le pietre
coperte di muschio, cerco da mangiare perchè ho bisogno di
recuperare le forze. Non mi costa nessuna fatica catturare tunduku,
il topo di montagna ma, prima di mangiarlo ricordo ciò che ho
imparato dalla Gente della Terra e latro dolcemente: come l’Uomo,
chiede perdono all’albero, prima di tagliarlo e alla pecora,
prima di tosarla, io ti chiedo perdono, tunduku, se sazierò la
mia fame col tuo corpo. Mangio in fretta ma non più del
necessario e il corpo caldo di tunduku, mi cede il suo tepore e la
sua energia. Gli avanzi, saranno un banchetto per flamku, il falco e,
prima o poi, mentre lui starà volando nell’ampio cielo,
un altro tunduku si nutrirà delle sue uova”. (Luis
Sepulveda – Storia di un cane che insegnò a un bambino,
la fedeltà)
Nel
1982, Papa Giovanni Paolo II, scriveva che per costruire la pace fra
i Popoli la si deve, prima, costruire nel nostro Cuore.
MA
IL CUORE, CE L’HA UNA CASA?
Oggi,
un bambino mi ha chiesto: "Ma il cuore sta sempre nello stesso
posto, oppure, ogni tanto, si sposta? Va a destra e a sinistra?".
Ed io: "No, il cuore resta sempre nello stesso posto. Al centro,
leggermente spostato a sinistra..." Ed intanto penso: poi, un
giorno, crescerai. Ed allora capirai che il cuore vive in mille posti
diversi, senza abitare, davvero, in alcun luogo. Ti sale in gola,
quando sei emozionato. O precipita nello stomaco, quando hai paura, o
sei ferito. Ci sono volte in cui accelera i suoi battiti e sembra
volerti uscire dal petto. Altre volte, invece, fa cambio col
cervello. Crescendo, imparerai a prendere il tuo cuore per posarlo in
altre mani. E, il più delle volte, ti tornerà indietro
un po’ ammaccato. Ma tu non preoccupartene. Sarà bello,
uguale.. oppure, forse, sarà più bello ancora. Questo,
però, lo capirai solo dopo molto, molto tempo. Ci saranno
giorni in cui crederai di non averlo più, un cuore. Di averlo
perso. E ti affannerai a cercarlo in un ricordo, in un profumo, nello
sguardo di un passante, nelle vecchie tasche di un cappotto
malandato. Poi, ci sarà un altro giorno... Un giorno un po’
diverso... Un po’ speciale... Un po’ importante... Quel
giorno capirai che non tutti hanno un cuore...” (Anonimo)
E
allora, caro Lettore, consentici
di darti un suggerimento: impara a volerti bene, a prenderti cura di
te e, principalmente a volere bene a chi ti vuole bene. Anche se ti
consideri “troppo” piccolo per riuscirci! Il segreto del
Tutto, infatti, non è prendersi cura delle farfalle ma,
semmai, prendersi cura del giardino, affinché le farfalle
vengano a te. Alla fine troverai non chi stavi cercando, ma chi stava
cercando te. Nessuno, infatti, è troppo povero da non avere
nulla dare...
Sarebbe
come se i ruscelli di montagna dichiarassero di non avere nulla da
offrire al mare, sol perchè perché non sono “fiumi”.
Vincenzo
Androus - Counselor, Tutor
Comunità "Casa del Giovane" Pavia
Giorgio
Marchese (Medico
Psicoterapeuta, Counselor) - Direttore "La Strad@"
Cari
lettori, questo editoriale, scritto a quattro mani con Vincenzo
Androus (e già pubblicato), meritava un arricchimento per
l’importanza del messaggio che si intendeva proporre.
Ringraziamo mia figlia Mariarita per l’ottimo spunto di riflessione e
l’amico Eugenio Filice per la bella immagine finale
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