Luci
nel buio
A
detta di molti affermati studiosi la guerra non riesce a piegarsi a
nessuno scopo sociale condivisibile, eppure è guerra in ogni
dove, in ogni quando, in ogni più sparuta regione del mondo.
Sotto l’egida della pace, della fratellanza, dell’ingerenza
umanitaria, oppure della intermediazione militare, c’è
un dispendio forsennato di scarponi chiodati e pallottole per
controfirmare le ragioni del contendere, per imporre accerchiamenti e
trappole mortali.
In
queste ore tocca al popolo Kurdo morire falcidiato a causa dei
tradimenti e interessi incrociati dei padroni del mondo che praticano
barando spudoratamente l’arte della guerra. C’è
chi avanza a testa bassa e chi arretra nel sangue della disperazione,
personalmente non riesco neppure a sbalordirmi sulla giustizia e
necessità di combattere questo o quell’altro tiranno,
neanche sono interessato a fare del pacifismo a buon mercato,
preferisco chiamare per nome le canaglie, i traditori, gli assassini
impuniti e orgogliosamente impettiti con le alabarde spianate.
Ho
poca parentela con quanti dapprima annuiscono in favore di chi per
troppo tempo ha subito angherie ingiustamente ma subito dopo per un
accordo neppure troppo celato, usano ferocemente l’indifferenza
per fare man bassa di deliri di onnipotenza e in via subordinata di
deliri di commiserazione, chiaramente per non pagare dazio. La guerra
è guerra e fa sempre schifo, di più se è il
risultato di accordi sottobanco. Però di fronte a immagini
ripetutamente mandate in onda di bambini con gli occhi sbarrati dal
terrore, di bambine con il viso insanguinato, bimbi con le dita fatte
a pezzi, con le gambe mancanti, con i vestitini inzuppati di sangue
rattrappito, come è possibile rimanere imperturbabili,
convinti di essere nella ragione, come è possibile non avere
vergogna, non provare vergogna, non rimanere schiacciati dalla
propria vergogna.
Chi
pensa di essere al di sopra delle parti, come chi ritiene di esser il
potente intoccabile di turno, occorre costringerlo alla vergogna come
compagna di viaggio, c’è necessità che il
dolore e la sofferenza di questi innocenti non vengano subdolamente
ribaltati dentro la narrazione in un anfratto remoto, in un angolo
dove non è più possibile vedere niente. Penso che fino
a quando non si comprenderà che l’ingiustizia
perpetrata su un innocente per giunta un bambino, è qualcosa
di indicibilmente inaccettabile, rimarranno le lacrime di coccodrillo
a fare la differenza, a timbrare il passaporto a una inumanità
bellamente riconosciuta come un inevitabile evento critico.
Una
riprova questa del potere della morte, le immagini di quegli
incolpevoli divorati dalla miserabilità di quel potere,
diventeranno messaggi cifrati, così artatamente contraffatti
da non risultare più chiari né leggibili per tentare di
rielaborarli.
Quando
il sentimento dell’amore è segregato, sei ancorato
a una stanchezza che ti fa sentire perduto, hai in comune
con il tuo simile solo un dolore sordo, che evita di guardare
all’indietro nè di pensare al domani, così
facendo è un’impresa ardua perfino provare vergogna. Per
tentare di cambiare questo stato delle cose sottosopra occorre una
condizione: il diritto alla vita e alla tutela di ogni bimbo, di ogni
innocente, passa attraverso un’azione collettiva, dove nessuno
può chiamarsi fuori. Forse.
Vincenzo
Andraous – Counselor,
Tutor Comunità “Casa del Giovane” Pavia
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